Molti anni fa, quando per la prima volta visitai la capitale britannica, percepii chiaramente qualcosa nel profondo. Una sensazione di grande nostalgia e malinconia insieme. Era strano, non vi avevo mai messo piede, eppure mi sentii come fossi tornata a casa dopo una vita lontana. Londra, Londra. Una cara amica sostiene che in una vita precedente la mia esistenza è stata in quella città, la città, la metropoli, il centro del mondo. Non sono sicura di aver vissuto una vita felice però, perché spesso la nostalgia si fonde a una solitudine schiacciante. Scriverne, parlarne, guardare le vecchie fotografie, cercare informazioni in rete, mi riporta a quelle prime sensazioni. Chissà chi ero, uomo, donna, animale, povera, ricca, analfabeta, istruita… se vivevo in una di quelle belle case vittoriane con la moquette morbida a solleticare i piedi.
Se mi concentro e chiudo gli occhi sento l’odore di Londra. Se mi svegliassi all’improvviso con una benda agli occhi in una qualsiasi delle sue strade non potrei sbagliarmi, la riconoscerei dal profumo. È suo, caratteristico. Ogni città ne ha uno proprio. Cagliari per esempio ti accoglie con l’odore di vento, Roma con quello polveroso del travertino. E Londra… lei è un mix di spezie, di umido, di acqua, di tube.
La voglia di tornare è forte, mi piace fantasticare su un futuro trasferimento, ogni tanto soffro guardando gli appartamenti in affitto e in vendita vicino Hyde Park, Soho, Camden e Fitzrovia. Certo non me lo potrò mai permettere, ma i sogni almeno per ora sono gratuiti. Aver fatto vivere Kaede e Rey nei luoghi che adoro è parte del sogno. Li ho fatti camminare, mangiare, bere, respirare nei posti che sempre resteranno radicati nel mio cuore.
Londra, per favore non te ne andare.
1 Comment
Mi è piaciuto quello che hai scritto nel post precedente: dedicare il romanzo a Keade e a Rey è stato il tuo modo per chiedere scusa a quei due ragazzi che si tenevano per mano sulle rive del Tamigi.
Non potevi fare dedica più bella!